Elaborato di Xavier Marchesi

Xavier Marchesi

Il primo Gennaio 2020 è appena iniziato e pochi minuti dopo la mezzanotte mi trovo in spiaggia, davanti al falò acceso a guardare il fuoco ardere. Non sono l’unico ragazzo, sono presenti molti altri miei amici. Uno tra noi prende il biglietto dei “buoni propositi per il 2019” e lo lascia cadere nelle fiamme; in un attimo il pezzo di carta è cenere, distrutto, ma per lui, ha spiegato in seguito, è stato un gesto di rinascita. Poi si è avviato verso casa, pensa a ciò che è perso e non tornerà, il passato; immagina il tempo che arriverà senza che se ne accorga, il futuro e infine l’unica cosa su cui ha davvero potere, il presente. Entra in casa, prende un pezzo di carta e scrive i suoi buoni propositi per il 2020. Vedere i suoi obiettivi nero su bianco deve essere stato molto rassicurante, chiaramente sarebbe stato un anno fantastico. I giorni scorrono senza intoppi, sino alla notizia di un virus che si diffonde molto velocemente. I primi casi si sono registrati in Cina, perciò non c’è da preoccuparsi, è lontana da noi, come le epidemie del passato, le quali erano facilitate dalle scarse conoscenze igieniche e da minori conoscenze mediche. Oggi un simile fenomeno sarebbe impossibile. Questi erano i pensieri comuni, ma nemmeno il tempo di essere rassicurati, che ovunque si parla del contagio sempre crescente in Europa, soprattutto in Italia, soprattutto a Bergamo. I progetti saltano, la scuola è chiusa e viene proclamato il lockdown nazionale. Tutto sembra perduto. In breve tempo, mi racconta il mio amico, si è sentito smarrito, debole e i suoi piani sono stati sostituiti dalla paura. Si sentiva forte come uno squalo e forse lo era, ma nuotava nel suo ristretto stagno, una bolla sicura chiamata comfort zone, fino a quando la bolla non è scoppiata e ha appreso una dura realtà: era vulnerabile, un piccolo pesce in mare aperto. L’incertezza ha preso il sopravvento. La routine era diventata un circolo vizioso, monotono e pensare al futuro era difficile, faceva paura. Nessuno sapeva quando l’epidemia sarebbe cessata e al crescere dei contagi, calava la motivazione, in ogni aspetto della vita. La musica che in precedenza rimbombava alta nelle cuffie fu presto sostituita da un alternarsi di ambulanze e notiziari, che snocciolavano continuamente i numeri del contagio, sempre crescente. I suoi stati d’animo erano altalenanti, dalla tristezza all’apatia totale. Era davvero convinto che la diffusione del virus avrebbe posto fine ai suoi sogni. Nessun futuro felice, solo un mondo grigio dove cercare di sopravvivere. Gli sembrava di essere vittima di una grande ingiustizia di cui non avevo colpa. “Perché proprio a me?” – Continuava a ripetersi. Cominciò a provare una grande sensazione di rabbia repressa, in fondo doveva essere colpa di qualcuno se tutto ciò era successo, se all’improvviso il mondo, o forse solo l’idillio che aveva creato nella sua testa, era drasticamente crollato. Ha cominciato – e ha continuato a cercare un colpevole della situazione, sino a quando non l’ha trovato con chiarezza. Il responsabile della scomparsa di tutti i suoi desideri era una persona che credeva di conoscere bene, da cui non si sarebbe mai aspettato un simile affronto. Vedeva il colpevole ogni giorno, ma inconsciamente si rifiutava di accettarlo. No, non era possibile, non credeva che il responsabile avesse il volto che alla mattina osservava riflesso nello specchio. Nella diffusione del virus non aveva nessuna colpa, ma ne aveva molta nella sua reazione al problema. Mi disse di aver smesso di studiare, di allenarsi, di cercare dei miglioramenti, di essersi adagiato nella paura e aver trovato un facile riparo nel vittimismo più totale. Questa nuova consapevolezza fu un fulmine a ciel sereno. “E’ stata la mia più grande fortuna.” -sottolinea con una luce negli occhi- “Sono stato travolto da un’onda di consapevolezza che non mi ha lasciato scampo. Ho veramente realizzato che il risultato di tutto ciò che mi accade dipende dal mio atteggiamento nei confronti del problema. Ho ripreso il foglio dei miei buoni propositi, che solo pochi mesi prima guardavo speranzoso davanti al falò e ho stabilito nuovi obiettivi. Ho cercato una nuova rotta, ho compreso che la strada che ho seguito per anni non era ciò che veramente cercavo, ma una soluzione che accontentasse genitori e docenti, tutti tranne me.” Sapeva di avere una sola arma, molto efficace ma a doppio taglio: la propria mente; avrebbe dovuto solo imparare ad usarla nel modo corretto. Ora, a distanza di mesi, tutto gli è chiaro. Pensava di essere un formidabile veliero, sino a quando, uscendo dal proprio porticciolo, si è spinto troppo al largo e si è trovato in mezzo ad un oceano, mentre le tempeste lo spingevano da un punto cardinale ad un altro. Ogni possibilità sembrava perduta, ma c’era ancora un po’ di speranza. Sapeva di essere una buona nave, aveva solo qualche ammaccatura, ma niente che non si potesse riparare con un po’ di duro lavoro. Tuttavia nel tragitto si era smarrita la direzione e di conseguenza anche la meta, verso cui la nave in precedenza si dirigeva così velocemente. Gli strumenti a bordo erano stati danneggiati; esistevano ancora, ma vi riponeva meno fiducia. Cosa fare allora? Non fu una decisione semplice, il mio amico ci meditò per molto tempo, ma alla fine prese la decisione migliore. Bisognava ripartire da capo, l’esperienza acquisita sarebbe rimasta, i pilastri fondamentali resistevano, ma era necessario innanzitutto stabilire un nuovo punto d’arrivo. Per fare ciò dovette scavare a lungo all’interno di sé stesso e comprendere i propri valori; una volta identificati si trattava solo di stabilire il percorso più coerente per riuscire a raggiungere la meta. Capì l’importanza di costruire una rete di conoscenze e amicizie fidate, con cui collaborare e vivere esperienze di crescita, oltre all’importanza di dedicarsi alle passioni e allargare i propri orizzonti. Ha rivalutato l’importanza dell’autodidattismo, a cui ora dedica più tempo. Per completare il percorso, era necessario servirsi degli strumenti, di cui però non si fidava più, perciò fece un’altra dura scelta: avrebbe dovuto liberarsi di tutto ciò che lo legava al passato. Abbandonò i vecchi strumenti, le vecchie abitudini, convinzioni e ricostruì una nuova mentalità, mattone per mattone. Il futuro che si immagina ora è totalmente diverso da quello che per anni ha pianificato, tuttavia sa che quella è la sua strada. Questa è la storia di come ho conosciuto il mio migliore amico, la persona che oggi, alzando la testa, vedo riflessa nello specchio. Questa è la storia di come mi sono riconosciuto dopo essermi smarrito.

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